A scuola con le emozioni

maschereIn questo periodo il mondo intorno ci porta sempre più spesso a contatto con emozioni forti e in grado di scuoterci nel profondo, basti pensare che persino la Disney ha deciso di fare un film sull’argomento! Le emozioni fanno parte della nostra vita: nascono con noi e con noi crescono, si modificano, si esprimono. Già, ma come? Quante volte ci è capitato di non riuscire a far uscire quella vocina che urlava dentro di noi? Quante volte ripetiamo ai nostri bambini “stai esagerando!” quando si lasciano trasportare da rabbia, frustrazione o felicità estrema? Beh, imparare a riconoscere e ad esprimere le emozioni nel modo corretto è una delle cose più difficili che si impari a fare nel corso della vita e sarebbe davvero bello poterne già parlare sui banchi di scuola, imparando dall’ABC proprio come si fa per leggere e scrivere. Oggi vorrei raccontarvi di come tutto questo sia possibile, oltre ad essere uno degli aspetti che amo maggiormente del mio lavoro: entrare in classe per l’educazione all’affettività.

Emozioni alla scuola dell’infanzia? Certo che sì!

Quando scrivo progetti per l’ultimo anno dell’asilo nido e per le scuole dell’infanzia, ho bene in mente un concetto chiave: questi bambini sono nati nell’emozione! Il dolore e la paura del parto, le lacrime di gioia di mamma e papà, i pianti per la fame e il mal di pancia delle coliche, la prima torta di compleanno, i regali di Natale, il primo giorno di scuola, …., tutto ha il sapore della gioia, rabbia, paura, frustrazione, entusiasmo e di qualsiasi altra emozione possa passarvi per la testa. Noi adulti le vediamo, le conosciamo, eppure non sempre le riconosciamo, figuriamoci dei simpatici puffetti di 3/5 anni! Ecco che i percorsi che porto nelle scuole dell’infanzia con Brucaliffo, l’area materno infantile di Associazione Alice Onlus di cui sono l’ideatrice e la responsabile, hanno proprio questa caratteristica: portare i bambini a incontrare le singole emozioni, conoscerle, toccarle con le mani e con la pancia (anni di esperienza nel lavoro con i bambini mi hanno dato la certezza assoluta del fatto che le emozioni non vivano solo nella testa, ma anche nella pancia, nelle gambe e sotto la pelle).Entrare in classe in questa fascia di età  vuol dire entrare nel mondo della curiosità allo stato puro e incontrare bambini che, per quanto piccoli, hanno una grandissima voglia di conoscersi e visitare con noi il villaggio delle emozioni.

emozioni disneyAnche le emozioni vanno alla scuola primaria

Quando arrivano alla scuola primaria, i bambini iniziano ad agire consapevolmente nei confronti dei coetanei; iniziano a diventare importanti le dinamiche legate alla socializzazione, all’interazione con l’altro e al rispetto delle regole. È un percorso lungo, ben 5 anni, in cui i nostri bambini partono come dei cuccioli spaventati e sotterrati sotto cartelle più grandi di loro, per uscire già più ragazzini, con le prime anticipazioni dell’età puberale e con la voglia di crescere e diventare grandi. Per questo motivo i percorsi nelle scuole elementari devono necessariamente tenere conto di questi importantissimi passaggi evolutivi. Ecco che l’educazione all’affettività diventa un percorso a tappe, che parte dalla terza elementare con la scoperta delle emozioni, dei loro nomi e di come risuonano dentro di noi; prosegue in quarta attraverso la relazione con l’altro, intesa come la scoperta delle amicizie significative e prevenzione alle relazioni disfunzionali (bullismo), per poi concludersi in quinta elementare con l’affacciarsi delle prime scoperte affettive e dei primi segni fisici legati all’apertura del processo dell’età puberale perché, per chi non lo sapesse, la famosa età dello sviluppo si è nettammente abbassata: 7-9 anni per le femmine, 9-11 per i maschi. Ovviamente il percorso è consigliato, non obbligatorio; nella realtà di oggi molte scuole non hanno i fondi necessari per poterlo attivare in tutte le fasce e preferiscono offrirlo solo ad alcune classi, anche perché non sempre i comitati genitori sanno quanto il loro aiuto e il loro sostegno siano fondamentali per offrire ai loro figli importantissimi momenti di riflessione su se stessi e sul mondo che li circonda. Peccato davvero!

Emozioni in preadolescenza

Il periodo della scuola media è un po’ come la terra di mezzo in cui vivono gli Hobbit: è un luogo in cui vivono creature curiose, non più bambini e non ancora adolescenti, in preda a viaggi spericolati e ricchi di insidie sotto la guida di insegnanti e altri adulti che sanno (in teoria) quale sia la loro meta, ma non come farceli arrivare. Gli ormoni che fanno le prove generali per l’adolescenza, mamma e papà che iniziano ad essere visti più come elementi d’intralcio che come sostegno e l’immensa difficolta a sentirsi parte di un gruppo e farsi accettare dallo stesso (la rete sociale offerta dal gruppo dei pari, a questa età, può davvero fare la differenza tra la vita e la morte affettiva per i nostri ragazzi!). La vita emotiva e relazionale dei preadolescenti è davvero difficilissima e loro per primi manifestano il bisogno, assolutamente legittimo, di cercare una guida al di fuori dalla famiglia che li porti nel mondo accompagnandoli e non pretendendo di saperne più di loro. Il lavoro sull’affettivita in questo periodi di vita rispecchia proprio questo aspetto di scoperta di sè come persona in crescita e quindi con un bagaglio emotivo e affettivo più ampio rispetto all’infanzia, fino ad arrivare ad affrontare i temi inerenti la scoperta della sessualità, del rispetto dell’altro sia ideologico sia fisico e del rispetto di sè. I ragazzi ci rimandano sempre più spesso la necessità di imparare a stare con se stessi e con gli altri senza pregiudizi e senza stereotipi a cui aggrapparsi e di quanto il mondo degli adulti fatichi a stare al loro passo. Noi siamo lì anche per questo.

maschile e femminileL’educazione all’affettività è un momento fondamentale nel percorso formativo dei nostri figli e spesso spaventa più noi genitori che loro! Nell’ultimo periodo se ne sono sentite di tutti i colori su questo argomento: dalle bufale delle catene anti-gender sui social, alle sbalorditive distorsioni dei comunicati scientifici; ma se voi pteste tornare indietro nel tempo e vedervi rivivere questi stessi passaggi, non vi verrebbe spontaneo parlare al “me-del-passato” per rassicurarlo sul fatto che andrà tutto bene, spiegargli di quanto non sia corretto discriminare il compagno di banco solo perché ha gli occhiali e un brufolo enorme sulla punta del naso, o dirgli abbracciare la vostra migliore amica perché lo scioglimento della band preferita è davvero una cosa triste, ma è qualcosa a cui si può sopravvivere? Davvero non avreste voluto qualcuno che si sedesse in mezzo alla vostra classe e provasse a stare con voi mentre cercavate di capire come imparare a volare e diventare grandi?

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