Educare, punire, amare

childrenSul Corriere della sera del 27/12/2012 è comparso un articolo sull’educazione dei bambini; premetto che l’ho trovato un buon articolo perché, oltre a riproporre i risultati di una ricerca americana, la giornalista ha interpellato un paio di esperti nel settore. Purtroppo la mia natura di madre e di psicoterapeuta non è riuscita a trattenere alcune considerazioni che vorrei condividere con voi….Mi sembra giusto sottolineare che non mi è stato possibile recuperare il testo integrale della ricerca, in quanto non ancora pubblicata sul sito ufficiale del NYU Child Study Center (il centro di ricerca e intervento sull’infanzia e l’adolescenza in cui lavora il dottor Timothy Verduin, promotore della ricerca riassunta dal Corriere della Sera), di conseguenza quello che troverete di seguito è frutto di una mia riflessione personale e non è assolutamente da intendersi come una critica ai risultati ottenuti dal lavoro dell’equipe newyorkese.

Elogi sì, punizioni no…

La ricerca citata dal Corriere, condotta dal dottor Verduin dell’università di New York sottolineerebbe l’importanza delle conseguenze di elogi e punizioni nell’educazione dei figli. Secondo i suoi risultati, infatti, elogi e rinforzi sulle buone azioni invoglierebbero i bambini a comportarsi meglio, mentre punizioni e sgridate, soprattutto quelle troppo drastiche, finirebbero a mortificare bambini e ragazzi e a suscitare aggressività e sentimenti di auto-svalutazione. Fin qui ci siamo. Il mio radar si è alzato una prima volta nel momento in cui si sottolinea la necessità, per i genitori, di focalizzarsi e valorizzare prevalentemente i comportamenti positivi, rimandando al bambino quanto sia stato bravo e premiandolo con elogi e abbracci. Premesso che ritengo sia fondamentale per un bambino, ma anche per un adolescente, essere rinforzati sulle proprie conquiste e sulle proprie competenze e che farlo con dimostrazioni verbali e fisiche di affetto e soddisfazione sia molto più gratificante di una pacca sulla spalla o di un premio materiale (es. il giochino comprato ogni volta che un bambino porta a casa un voto dal 7 in su), ritengo sia pericoloso dimenticarsi di evidenziare anche gli atteggiamenti negativi! Se è vero che una punizione eccessiva o drastica (es. non vai più al parco giochi per un mese) possa effettivamente scatenare agiti aggressivi o sentimenti di auto-svalutazione, è però vero che ignorarli o svalutarli in funzione dei comportamenti positivi precluderebbe ai bambini la possibilità di comprendere le conseguenze delle proprie azioni, dal punto di vista reale e affettivo. father-playing-with-kids-1024x679-306x172Lasciar correre o non sgridare darebbe ai nostri figli un fortissimo segnale di incoerenza che gli sarebbe difficilissimo comprendere e metabolizzare; ad esempio: se giocando a pallone in salotto il nostro piccolo goleador centra in pieno il vaso di cristallo sul tavolino mandandolo in  mille pezzi, è ovvio che il genitore di turno intervenga con atteggiamento altamente contrariato. Liquidare il tutto con un “non importa” o con un “non ti sgrido perché oggi hai preso 10” sarebbe sbagliato sia per i grandi sia per i piccoli: il genitore sarebbe costretto a non esternare le proprie emozioni e a sopprimerle, i figli capirebbero che, nella vita, qualunque cosa facciano sarà perdonata se associata ad una buona azione. Estremizzando, sarebbe strano per loro venire arrestati dopo una rapina se prima hanno aiutato una vecchina ad attraversare la strada! Nella realtà del mondo alle azioni negative seguono delle conseguenze di carattere correttivo, siano esse più o meno gravi; è questo il messaggio corretto che dovremmo trasmettere ai nostri ragazzi a partire dalla più tenera età (qui la ricerca ha ragione: se non glielo insegnamo da piccoli, faranno il triplo della fatica a capirlo da adulti).

…ma il dialogo lo buttiamo nel cesso!pronto

A volerla guardare bene, l’idea newyorkese ha senso se la si associa al secondo punto su cui vorrei stimolare una riflessione: la dichiarata inutilità del dialogo. Secondo quanto riportato nell’articolo “ragionare insieme, soprattutto quando si tratta di bambini molto piccoli, non serve (come, da grandi, non servono avvertimenti «ragionevoli» come quelli stampati sui pacchetti di sigarette)”. Il mio istinto mi porterebbe a rispondere in modo sarcastico “certo, se li addestriamo come cagnolini non serve parlare!”, affermazione che tenterò di spiegare. Il bel giochino del “se fai il bravo ti premio, se fai il cattivo non ti punisco” non è altro che l’applicazione sbilanciata del rinforzo positivo della teoria comportamentista (sbilanciata perché, negli esperimenti dei comportamentisti, se la cavia sbaglia bottone si becca una leggera scossa, ovvero una punizione, che le insegna che quella è un’azione da non ripetere); è ovvio che il bambino si affezionerà all’elogio e all’abbraccio e, pur di averne, farà il bravo, ma non è così che si educano i figli! Per i bambini, soprattutto quelli piccoli, il punto di riferimento per comprendere il mondo e le sue regole sono i genitori, hanno quindi bisogno che i grandi riconoscano e correggano i loro comportamenti scorretti e che gli spieghino perchè sono sbagliati e come modificarli per potersi relazionare con gli altri in modo corretto. Ovvio che questo compito sia particolarmente delicato e complicato, esagerare può far danni: dare punizioni fisiche, aggredire verbalmente o eccedere può andare a ledere l’autostima dei ragazzi, passargli il messaggio che siano talmente sbagliati da non essere degni d’amore e scatenare reazioni difensive anche aggressive; per questo motivo è fondamentale il dialogo! Parlarsi vuol dire spiegarsi ed esprimere quello che sta succedendo; dal “sono arrabbiata perché…” al “non è giusto perché…” al “questo non si fa perché….”. Vuol dire mettere in circolo emozioni, regole sociali e morali; vuol dire spiegarle e lasciare spazio al confronto. Vuol dire educare e crescere. Vuol dire amare e assumersi il difficile ruolo educativo del genitore. E per chiudere con una punta di acidità, vorrei sottolineare come anche questo approccio funzioni molto bene sia per consolidare la relazione genitori-figli, sia nell’approccio ai bambini “difficili”!

Come ho detto in apertura, questo post racchiude solo le mie riflessioni personali di madre e di psicoterapeuta. Il mio invito è di leggere l’articolo del Corriere a cui faccio riferimento e farmi sapere cosa ne pensate.

 

6 thoughts on “Educare, punire, amare

  1. Esordisco premettendo che non sono madre,ho 21anni e sono una studentessa di psicologia.
    Concordo in parte con quello che dice,il rinforzo positivo e’ FONDAMENTALE,il dialogo pure.
    Per quanto riguarda il riprendere il bambino quando sbaglia o si comporta male credo che ci si debba avvicinare con fermezza quando serve,ma anche con amorevolezza e pazienza per spiegare al fanciullo le cose con serenita’..in modo che possa afferrare dove ha sbagliato.
    Vedo madri in giro che riprendono il figlio urlando e sbraitando,sbagliando..non pensano che il loro bimbo potrebbe non capire quella loro aggressivita’ o il tono di voce troppo alto.
    Qui bisognerebbe aprire un capitolo intero,riassumo questo mio ultimo concetto dicendo: mamma/papa’ sereno-figlio sereno.
    Se i genitori si prendessero cura in primis di loro stessi e del loro benessere e felicita’,probabilmente avrebbero figli altrettanto sereni e tranquilli.
    E se loro sono i primi ad alzare la voce,e’ incoerente chiedere al figlio di non farlo,per esempio.
    Mi permetta solo di puntualizzare,perche’ proprio non mi e’ piaciuto, la parola bambini “difficili”.
    I bambini non sono difficili,possono vivere situazioni difficili (e comunque non sarebbe colpa loro) a mio avviso.
    Se un bambino sta vivendo una separazione dei genitori(e non e’ colpa sua),facciamo un classico esempio,sta soffrendo manifestando comportamenti diversi dal solito e si ritiene che abbia bisogno di uno psicologo,ritenerlo un bimbo “difficile” e’ sbagliato. Sbagliatissimo. La situazione e’ difficile, non il bambino..lui ha tutto il diritto di manifestare il suo dolore,perche’ e’ naturale che un bimbo non voglia mamma e papa’ distanti. Certo,bisogna stargli vicino.
    I bambini non hanno paura,non nascono con le paure, hanno paura di quello che fa’ paura ai loro genitori.
    Il mio solo pensiero:) Giulia.

    • Cara Giulia hai pienamente ragione (dammi del tu, questo è un blog personale). La definizione di bambino “difficile” era una frecciata all’articolo che descriveva i risultati della ricerca come metodo assolutamente efficace per questi bimbi. Se, infatti, vai a vedere il post “per ogni riccio un capriccio”, potrai notare che siamo sulla stessa lunghezza d’onda anche in questo argomento! A proposito…benvenuta sul mio blog!

  2. Buongiorno! E’ la prima volta che entro in questo blog ed ho subito trovato un argomento interessante al quale vorrei rispondere con poche parole……da mamma un po’ pasticciona ma assolutamente innamorata dei suoi bambini!
    Rafforzamento dei comportamenti positivi: non manco mai di dire ai miei figli quanto sono stati bravi quando compiono azioni degne di essere elogiate o fanno progressi in qualcosa o si impegnano per il raggiungimento di obiettivi vari, ma questo NON basta per “sedare” situazioni di capricci o di testardaggine estrema che rischiano di degenerare in scenate degne dei peggiori melodrammi partenopei! In quesi momenti è inutile ricordare loro che mezz’ora prima o l’altro ieri o tra 5 minuti hanno ricevuto o riceveranno complimenti o elogi se si sono comportati o se si comporteranno bene! Nel momento del capriccio non ragionano, si impuntano su tutto e soltanto con la fermezza e a volte con qualche punizione si riesce a non fare degenerare il tutto! Ed io non mi sento una mamma che non ha un approccio di dialogo……solo che ci sono momenti in cui nessun manuale al mondo nè di psicologia nè di educazione può dire con certezza cosa sia giusto fare e come sia giusto comportarsi con i propri figli. E la sfida è proprio questa. riuscire a trovare sempre una via d’uscita che riesca a sedare situaizoni complicate…..qualche volta ragionando, qualche volta premiando ed altre volte anche punendo e con voce ferma e sicura! A mio parere serve anche questo…..non esiste una regola: ogni bambino è diverso, ogni età prevede approcci differenti, che cambiano anche a seconda delle situazioni, dei modi e dei tempi in cui avvengono. Quindi…..meno retorica e più pratica…..e chi è mamma lo sa! Continuerò a seguirti….trovo interessante cambiarsi opinioni in merito a questi argomenti. Ciao.

    • Verissimo Pamela, ogni bambino è una persona unica e non si può pretendere di uniformare i metodi educativi ad una formula che vada bene per tutti! I rinforzi positivi servono e servono anche le punizioni, purché siano coerenti (quindi non cambino dopo 5 minuti) e vengano spiegate ai bambini (ovvero gli venga spiegato perché la stanno subendo) e questo è dialogo! Quello che predicava l’articolo, da me commentato qui, sul “non dialogo” era l’idea di imporre ai bambini punizioni senza dar loro spiegazioni perché ritenute inutili e questo è assolutamente sbagliato e improduttivo perchè non permette ai bambini di riflettere su quello che hanno fatto e sulle conseguenze delle loro azioni, quindi non gli permette di imparare.

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