Per ogni riccio un capriccio: come i bambini esprimono il loro disagio

Spesso mi capita di sentir dire da molte mamme che il loro bimbo, che si è sempre comportato in modo sereno e tranquillo, improvvisamente si scatena dando il peggio di sè: bambini che smettono di dormire di notte, che aggrediscono gli altri bambini e che fanno mille capricci. “Sarà una fase”, “Lo fa apposta per farmi arrabbiare” “Non lo riconosco più, eppure prima era così bravo/a” sono le frasi tipiche che ci si scambia tra mamme, ma cosa si nasconde, veramente, dietro a cambi di umore così repentini? Sono solo capricci o i nostri piccolini stanno cercando di dirci qualcosa?

Quando preoccuparsi?

Prima di saltare a conclusioni affrettate del tipo “mio figlio fa così, allora c’è qualcosa che non va!” è bene fermarsi a riflettere su un paio di cose: la prima è che abbiamo a che fare con dei bambini che attraversano quotidianamente mille avventure nuove e, ai loro occhi, non sempre piacevoli (es. un litigio con un compagno dell’asilo, il non essere riusciti a dormire serenamente, ecc.). La seconda cosa è che i bambini, crescendo, utilizzano il capriccio e il “NO” per cominciare ad affermarsi: scoprire che si ha la possibilità di esprimere le proprie opinioni e capire fin dove ci si può spingere. Non è quindi vero che un breve periodo di crisi equivalga a chissà quali eventi traumatici nella vita dei nostri bambini.
Come spesso ripeto, ci vuole buon senso: prima di gridare al PROBLEMA è bene osservare il piccolo e, se grande abbastanza, chiedere a lui cosa stia succedendo; il più delle volte i periodi di crisi si risolvono spontaneamente nel giro di poche ore o di pochi giorni.
Quando, tuttavia, i cambiamenti nel comportamento sono radicali, decisi e si protraggono per più di una settimana, è il caso di cominciare a chiedersi cosa non stia andando per il verso giusto, perché è evidente che qualcosa stia disturbanndo il bambino. Tenete presente che i bambini conoscono e riconoscono le loro emozioni, ma non sono in grado di esprimerle con parole; non perché siano stupidi, semplicemente perché sono spesso derivati da situazioni che loro non possono comprendere fino in fondo (es. i problemi di coppia o di lavoro di mamma e/o papà), ma che li coinvolgono ad un livello tale e da destabilizzarli e far loro perdere l’equilibrio emotivo. Provate a pensare ad un bambino che si trova ad affrontare la separazione dalla mammache lo lascia al nido per tornare al lavoro; non è in grado di capire le motivazioni dei grandi, sa solo che lui/lei si sente lasciato solo da una delle persone da cui dipende la sua vita e non possiede le capacità e le conoscenze per spiegare la cosa alla mamma, nè per chiederle cosa stia succedendo (ci tengo a sottolineare che non è una crociata anti-nido; mio figlio frequenta l’asilo da quando aveva 6 mesi ed è una scelta di cui sono più che soddisfatta). Cosa fanno i bambini per esprimere il loro disagio? AGISCONO, mettono in moto una semplicissima catena azione-reazione che sia in grado di stimolare la risposta dell’adulto: il neonato piange, il bambino più grande fa i capricci e diventa oppositivo. Il loro obiettivo non è quello di farci venire un esaurimento nervoso, ma quello di farci intervenire per risolvere la situazione; dopotutto, siamo noi gli adulti!

Pregiudizi e false speranze

Cio che, spesso, occlude la capacità di giudizio di noi genitori è la nostra necessità di far bella figura davanti agli altri: un bambino che piange o fa i capricci viene spesso associato all’immagine di genitori incapaci o poco attenti. Pregiudizi che danneggiano pesantemente l’autostima di mamme e papà e che li spingono a raccattare consigli e false speranze da qualsiasi fonte autorevole capiti sotto mano. Cominciamo col sottolineare che tutti i bambini del mondo fanno i capricci e che è assolutamente normale e salutare che i genitori perdano la pazienza per questo motivo! Come ho scritto sopra il capriccio può avere molteplici significati: auto-affermazione di sè (un bambino che sta cominciando a costruirsi), espressione di un disagio momentaneo (ho dormito male, sono nervoso e non mi faccio andare bene nulla), espressione di un disagio serio (mamma guardami, ho bisogno del tuo aiuto!); siamo noi adulti a doverci impegnare per leggere tra le righe e arrivare alla soluzione, tenendo sempre presente che nostro figlio non è e non sarà mai uguale a quello della vicina, al bambino descritto sull’ultima edizione del manuale del perfetto genitore, nè, tantomento, ad uno degli attori coinvolti in un programma televisivo che fa sparire i problemi con uno starnuto (garantisco che l’unica al mondo ad essere in grado di fare tali magie è Mary Poppins). Quello che avete davanti è vostro figlio/a con la sua storia che si è costruito con voi; solo voi avete il potere di intervenire o risolvendo la situazione o, quando serve, chiedendo aiuto ad un esperto reale!

Come chiedere aiuto

Quando si è davanti ad uno stato di evidente malessere (bambini che smettono di dormire di notte, bambini che rifiutano il cibo o bambini che diventano aggressivi verso i compagni o verso gli adulti) tenete presente che la rabbia che provate voi è la stessa che prova il bambino, amplificata dalla consapevolezza che, da solo, non è in grado di cavarsela e quindi chiede aiuto a voi. Immaginate quanta fatica faccia un bambino che, per farsi aiutare, deve far star male proprio le persone che ama di più al mondo: mamma e papà! Quando l’aiuto è necessario è inutile fare gli struzzi e mascherarsi dietro a fantomatiche “fasi di crescita” o a “caratterialità” difficili/arcobaleno/ neri a puntini rossi e chi più ne ha più ne metta; un genitore che sa riconoscere che il disagio del figlio mette in scacco anche lui non è un genitore fallito, al contrario, è il miglior genitore che un bambino in difficoltà possa avere!
Non pretendere di avere tutte le risposte è il modo migliore per insegnare ai bambini che nella vita si deve dare e ricevere e che esiste sempre una soluzione ai propri problemi, se non li si affronta da soli! Prendere coraggio per formulare una richiesta di aiuto è la cosa più difficile del mondo, ma nel mondo ci sono professionisti pronti ad aiutare senza giudicare (se giudicano hanno sbagliato mestiere), siano essi insengnanti, pediatri, medici o psicologi.

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